Ingresso al Tempio

Per lo scalpellino del medioevo la squadra ad angolo retto era strumento di uso più frequente tanto che spesso la si vede rappresentata nelle miniature e negli affreschi. I modelli e le sagome a grandezza naturale erano però ingombranti e costosi e si cercava perciò di farne a meno o ridurne il numero usando metodi geometrici per tagliare le pietre questo spiega la ripetitività dei motivi e la standardizzazione che si notano nelle costruzioni gotiche una stessa sagoma veniva utilizzata per un gran numero di pietre. Le pietre venivano preparate in anticipo direttamente nella cava sagomate e già pronte all’uso. I tagliatori potevano scegliere il blocco più adatto per la pietra che volevano tagliare scartando quelli che avevano dei difetti o riprendendo il taglio di una pietra spezzata. Nella cava si evolve la tradizione di un particolare tipo di scalpellino: dovendo sagomare nella cava le pietre già pronte per il trasporto e la messa in opera per garantirne la rigorosità e la precisione, lo scalpellino firmava con un glifo suo personale, ciò garantiva che la pietra potesse essere messa nella sede a lei destinata (secondo la tradizione da ciò deriverebbe il massone del marchio).

Numerosi fattori contribuirono alla prefabbricazione e alla standardizzazione che è stata fin qui constatata sui monumenti in particolare sugli archi e le volte. I montanti delle finestre ad esempio erano tutti della stessa sezione anche quelli a quattro arcate. Bastava quindi una sola sagoma per il taglio di tutte le pietre di una lancetta. La cattedrale di Chartres ha il rosone sud composto di settantadue pietre meticolosamente tagliate con solo sei sagome. Il grande Villard de Honnecourt ha lasciato disegni di un rosone di 216 elementi realizzabile con solo 5 sagome. La cattedrale proprio per quanto ricordato, è da considerare il trionfo della squadra e del compasso. Una volta che la costruzione era terminata bisognava verificarne la correttezza e bisognava periodicamente controllare che non ci fossero cedimenti delle strutture e del terreno. L’abilità dell’architetto muratore si misurava anche con la perizia nei controlli di stabilità. Grande importanza simbolica era data a questa fase del lavoro perchè la simbologia del perfezionamento del maestro muratore trova qui la sua più alta simbologia. Ricordiamo che nel medioevo un certo numero di edifici religiosi è crollato e non a causa di incendi o guerre; questi crolli erano dovuti all’imperizia degli architetti che desideravano costruire edifici sempre più audaci e all’empirismo dei metodi di costruzione, la cattiva qualità dei materiali e l’ignoranza dei problemi causati dal vento. Tra le più memorabili ricordiamo il crollo della torre della cattedrale di Sens nel 1267, la guglia Sainte Bènigne di Digione nel 1272, la volta della cattedrale di Beauvais nel 1284 la più alta di tutte. Uno dei problemi fondamentali che gli architetti dovevano affrontare era quello dell’appiombo (l’intersezione con il suolo della verticale che passa per un punto). Bisognava trovare il centro della volta, ora in mancanza di vento è impossibile controllare l’appiombo di una guglia che si trova arretrata rispetto alla facciata o di un elemento sospeso nel vuoto e quindi inaccessibile come la chiave di volta.

Ogni difetto di verticalità in una di quelle guglie o nell’appiombo di una volta costruita a più di quaranta metri dal suolo poteva avere conseguenze gravissime. Era dunque essenziale per gli architetti di quest’epoca poter verificare la tenuta delle loro costruzioni man mano che queste raggiungevano altezze vertiginose ed in seguito poter verificare la tenuta di una costruzione sul quale si avevano dei dubbi. Per capire quale metodo venisse usato andiamo a curiosare negli appunti di Villard de Honnecourt. Questo insigne architetto del XIII¡ secolo contravvenendo alla regola che imponeva di non scrivere i segreti dell’arte ha annotato numerosi progetti disegni e schizzi, che dovevano servire per uso personale. Parte di questo materiale è andato disperso, ma a noi sono giunti molti disegni raffiguranti in maniera allegorica la soluzione dei vari problemi.

In una delle sua tavole più note recante il n¡ XLVI egli raffigurava un albero con i rami sprovvisti di foglie in cui un solo frutto -una pera (popolarmente il sasso è chiamato pera, per estensione un peso) pende dall’albero e tre mire, la cui parte mediana è allargata sono disposte verticalmente intorno all’albero una è sovrapposta al disegno e ne da una rappresentazione molto dettagliata: puntelli-mira rivelano che erano dotati nella parte rigonfia di una apertura davanti alla quale pendeva un filo a piombo che permetteva di verificarne la verticalità dello strumento. Sotto la pera sono disegnati al suolo due tratti in croce. Le istruzioni che accompagnano questo disegno sono enigmatiche: si metta un uovo sotto la pera, in modo che la pera cada sull’uovo.

La pera è di fatto l’illustrazione del punto inaccessibile di cui si desidera determinare l’appiombo, materializzato dalla caduta verticale sull’uovo che dovrà trovarsi nell’intersezione dei due tratti disegnati al suolo. Questo è il procedimento della misurazione a vista semplice e preciso al quale è indispensabile ricorrere quando non si può utilizzare il filo a piombo. Per le proprietà degli enti geometrici fondamentali diciamo che per un punto e una retta può passare un solo piano e che l’intersezione di due piani verticali è una retta verticale. Osserviamo allora la pera del disegno (il punto) aiutandoci con due mire verticali (le due stecche di legno); ciascuna delle due misurazioni a vista determina un piano verticale; l’intersezione di questi due piani è la retta verticale che passa per la pera. Questa retta corrisponde alla traiettoria della pera quando si stacca dall’albero e la sua intersezione con il suolo sempre nel disegno è indicata dai due tratti in croce cioè l’intersezione delle due cordicelle che venivano tese ad ogni misurazione a vista tra due mire. La terza mira che compare nel disegno indica probabilmente la misurazione a vista effettuata per controllo, come sono soliti fare i geometri infatti, con tre misurazioni a vista raramente si ottiene un punto ma, in generale, si ottiene un triangolo tanto più piccolo quanto più le misurazioni sono precise. Con questo procedimento si poteva essere certi di dove cadeva l’appiombo del punto inaccessibile e questo senza piombo e senza livella.

Così nel corso della costruzione un architetto, poteva verificare se la chiave di volta di una crociera o della cima di un pilastro o della cima di una guglia erano in appiombo al centro come previsto dal progetto. Grazie a verifiche di questo tipo si potevano indicare i rimedi da apporre alle costruzioni che perdevano l’appiombo o che si deformavano. Talvolta in tali casi si aggiungevano gettate di archi rampanti come è avvenuto con la cattedrale di Chartes. – Questo centro della costruzione così importante per la stabilità e la solidità del tempio, per analogia ci ricorda un altro centro quello dal quale un maestro muratore non può errare – Pochi semplici strumenti: uno scalpello, un maglietto, un filo a piombo, un compasso ed una squadra hanno permesso di costruire queste meraviglie che ancora ci stupiscono. Non sappiamo dove comincia il simbolismo e dove finisce la tecnica certo è che gli strumenti usati sono stati idealizzati. Come per il guerriero crociato la spada ricordava la divinità e davanti la quale egli pregava infiggendola nel terreno avendo la forma di croce. così per lo scalpellino medievale la squadra ed il compasso e gli altri strumenti sono diventati qualcosa di più di comuni oggetti materiali sconfinando nel divino e nel sacrale. Questi semplici oggetti con il loro angolo retto, con il filo a piombo che indicava l’asse del mondo, ed il compasso con i gradi che potevano aprire sembravano estendere la loro influenza fino alle stelle del cielo anch’esse aristotelicamente sottoposte alle regola della geometria, in quei tempi vissuta come una scienza mistica, poche regole semplici ma universali quelle del “così in alto così in basso”.

In conclusione nelle pieghe dell’arte muratoria medievale e nei rarissimi scritti degli architetti gotici che sono i precorsi della massoneria prima operativa e poi speculativa troviamo simboli esoterici importanti che ritroviamo nei nostri rituali che sono la chiave per iniziare un cammino simbolico che con il pretesto di semplici strumenti materiali: una squadra, un compasso, uno scalpello, un maglietto, un filo a piombo, di realizzare ciò che è all’esterno di noi, ma soprattutto ciò che è dentro di noi perchè il massone è soprattutto un architetto costruttore di uomini.