I Solidi Platonici

olidi platonici sono così chiamati perché descritti nel Timeo di Platone come le forme che simboleggiano i quattro elementi, che sono, secondo la tradizione antica, gli archetipi da cui origina tutto l’universo. Ogni materia è composta di parti variabili dei quattro elementi base, il quinto, la quintessenza, non viene descritta, ma solo accennata. Il dodecaedro che la rappresentava era segreto e chi ne parlava incautamente veniva severamente punito. Inoltre, sempre secondo Platone, l’intero universo aveva la forma di un dodecaedro. Cubo-di-MetatronPer comprendere l’importanza agli occhi dei pitagorici e di Platone, di queste forme geometriche occorre ricordare: che per essi l’atomo (ossia la parte ultima indivisibile) non era come noi lo immaginiamo di forma pressappoco sferica, ma di forma triangolare come un piccolo tetraedro. Il triangolo è sul piano la superficie minima perché è il poligono avente il minimo numero di lati necessario e sufficiente a delimitare una porzione di piano, il tetraedro o piramide triangolare è l’atomo solido perché è il poliedro avente il minimo numero di facce necessario e sufficiente a delimitare una porzione di spazio. Per definizione, ogni numero poligonale è sempre la somma, di triangoli e ogni numero piramidale è somma di numeri tetraedrici. Per cui si è constatato che anche le cinque figure cosmiche ed in particolare il dodecaedro, simbolo dell’universo erano composti di tetraedri. L’intero universo si riduceva quindi ad una somma di atomi tetraedrici. La fisica moderna sta dando ragione a Pitagora perché dopo aver frazionato l’atomo “scientista” ed aver visto che in realtà, neutroni e protoni erano fatti di particelle più piccole: Quark, Gluoni, ed altro, ha poi verificato che questi sono composti da corpuscoli ancora più minuscoli, tutt’altro che sferici e fatti come stringhe di energia che si scambiano cariche su schemi geometrici, come fossero cristalli.

Vediamo ora la corrispondenza degli elementi:

A) L’aggiunta è postuma, per poter permettere di leggere le tavole di loggia e probabilmente è un innesto di origine continentale, avvenuto a meta del XIX secolo. Il mezzogiorno era nell’antichità un momento particolare, era il momento in cui l’ombra si dissolveva e il Sole cessava di salire ed apparentemente invertiva il suo corso, per questo veniva investito di una grande valenza magica. Mezzogiorno segna una sorta di istante sacro, perciò a metà del giorno, all’interno dei templi, si tiravano le tende e si vietava l’ingresso ai mortali. Tutti i lavori venivano sospesi, e nessuno doveva trovarsi per la via perchè era l’ora delle divinità e dei fantasmi. Ma torniamo alla mezzanotte, inizialmente la notte era indistinta e simbolo del caos, ma con l’invenzione della clessidra ad opera di Tolomeo Evergete si riuscì a dividerne le ore. La mezzanotte come momento dei fantasmi e delle streghe non esisteva ancora, perchè sono tutte ideazioni recenti. Per ora la mezzanotte è solo l’opposto del mezzogiorno, il seme da cui avrà origine il giorno, il buio da cui nascerà la luce. Tutte le iniziazioni antiche avvenivano la notte, i riti iniziavano perlopiù al tramonto, come avveniva ad esempio nei misteri eleusini. In Egitto le iniziazioni ai misteri isiaci si svolgevano nella grande piramide o in un tempio addobbato da sembrare l’oltretomba.
B) Il Cubo o esaedro, simbolo dell’elemento Terra ha sei facce quadrate, otto vertici e 12 spigoli. Filolao, vedeva nel cubo l’immagine dell’armonia perché il numero dei suoi vertici è la media armonica, dei numeri delle facce e degli spigoli, cosa che però accade anche per l’ottaedro. Ogni faccia del cubo, è suddivisa dai diametri della circonferenza circoscritta passanti per i vertici, in quattro triangoli rettangoli isosceli eguali; quindi la superficie del cubo è suddivisa in 24 triangoli rettangoli eguali ed il cubo od esaedro consta di 24 tetraedri equivalenti il cui vertice è il centro del cubo.
C) L’Ottaedro rappresenta l’Aria ha otto facce che sono dei triangoli equilateri, sei vertici e 12 spigoli, quindi la superficie dell’ottaedro è suddivisa in 48 triangoli rettangoli eguali, quindi il poliedro consta di 48 tetraedri equivalenti. Ad ogni poliedro regolare corrisponde un poliedro polare per il quale i numeri delle facce e dei vertici si scambiano mentre il numero degli spigoli resta invariato. Il tetraedro è autopolare; invece il poliedro polare dell’ottaedro è il cubo.
D) L’Icosaedro che rappresenta l’Acqua consta di venti facce che sono triangoli equilateri, dodici vertici e trenta spigoli, e la sua superficie è suddivisa in 120 triangoli rettangoli eguali e l’icosaedro consta di 120 tetraedri che li hanno per base ed hanno per vertice comune il centro del poliedro. Per gli alchemisti, l’icosaedro simbolico è quel cristallo sconosciuto chiamato il vetriolo dei filosofi, un’acqua che è puro spirito. Cyrano di Bergerac ha scritto in età matura numerosi testi simbolico-alchemici in uno di questi “L’autre Monde” viene rapito in una macchina volante a forma di Icosaedro, e trasportato nel regno del Sole. Dopo avere attribuito a ciascuno di questi quattro poliedri la corrispondenza con l’elemento fuoco, aria, acqua e terra, Platone fa tacere Timeo cui fa dire soltanto: “-rimane così ancora una forma di composizione che è la quinta, di quella si fu giovato Iddio per il disegno dell’universo”. Platone ed i pitagorici sapevano che i poliedri regolari sono cinque e cinque soltanto, come si dimostra in modo semplice; ed osserviamo che anche si perviene al numero cinque. il numero pitagorico per eccellenza che é simbolo dell’Altissimo.
E) Il dodecaedro è il poliedro polare dell’icosaedro ed ha pertanto dodici facce che sono dei pentagoni regolari, ha venti vertici e trenta spigoli. Applicando ad esso il procedimento di suddivisione precedente, troviamo che i diametri delle circonferenze circoscritte ad una faccia passanti per i vertici, la suddividono in dieci triangoli rettangoli uguali, e se nella faccia si inscrive il pentalfa o stella a cinque punte, tutto il pentagono viene suddiviso dai lati del pentalfa e dai diametri passanti per i vertici del pentalfa in trenta triangoli. La superficie del dodecaedro si suddivide in tal modo in 360 triangoli, e conseguentemente il dodecaedro si decompone in 360 tetraedri che li hanno per base ed hanno per vertice il centro del poliedro. Ora 360 è il numero delle divisioni dei dodici segni dello zodiaco, ed è, il numero dei giorni dell’anno egizio.

La cosa è confermata da quanto dicono Alcinoo e Plutarco. Il primo, dopo avere spiegato la natura dei primi quattro poliedri, dice che il quinto ha dodici facce, come lo zodiaco ha dodici segni, ed aggiunge che ogni faccia è composta di cinque triangoli (Col centro della faccia per vertice comune) di cui ciascuno è composto di altri sei (determinati da un diametro e da due lati del pentalfa). In totale 360 triangoli. Plutarco a sua volta, dopo avere constatato che ognuna delle dodici facce pentagonali del dodecaedro consta di trenta triangoli rettangoli scaleni aggiunge che questo indica che il dodecaedro rappresenta tanto lo zodiaco che l’anno, perché si suddivide nel medesimo numero di parti. Plutarco allude manifestamente all’anno egizio composto di 12 mesi ciascuno di trenta giorni, e che contava anche cinque giorni detti epagomeni che erano giorni di passaggio e che non erano considerati parte dell’anno, giorni in cui era vietato di compiere qualsiasi attività ed era vietato officiare riti religiosi. Il numero dodici è il numero delle facce del dodecaedro e conseguentemente è il numero dei vertici del poliedro polare ossia dell’icosaedro. Dodici è anche il numero degli spigoli del cubo e del suo poliedro polare ossia l’ottaedro. Se consideriamo il numero dodici come costituito dai dodici vertici di un dodecaedro e ne sviluppiamo questo numero dodecaedrico entro uno degli angoli, prendendone il vertice come centro di omotetia si ottengono nel solito modo pitagorico i successivi numeri dodecaedrici. Le formule dei numeri poliedrici regolari (ad eccezione del numero tetraedrico) sono state, determinate la prima volta da Cartesio e si trovano in un suo manoscritto rimasto inedito per oltre un secolo.

Il numero dodici per conto suo ha già tradizionalmente un Carattere sacro ed universale, oltre ad essere il numero dei mesi del l’anno e dei segni dello zodiaco, dodici era in Grecia, Etruria e Roma il numero dei partecipanti al consesso degli Dei. Dodici il numero dei componenti dei collegi sacerdotali nella Roma arcaica, dodici il numero delle verghe del fascio etrusco e romano. Inoltre molti dodecaedri celtici pervenutici attestano l’importanza che gli antichi annettevano a questo numero ed al dodecaedro. Fatti e ragioni che avvalorano la scelta del dodecaedro come simbolo dell’universo. Il dodecaedro è inscritto nella sfera, così come nella cosmologia pitagorica, il cosmo è avvolto dalla fascia, il “Perièkon”. Come il cosmo contiene in sè e consta dei quattro elementi fuoco, aria, terra, acqua, così i quattro poliedri regolari che ne sono il simbolo si possono inscrivere entro il dodecaedro. Si può infatti mostrare come si possa inscrivere l’esaedro o cubo nella sfera e nel dodecaedro; si può mostrare facilmente come l’icosaedro avente per vertici i centri delle dodici facce del dodecaedro sia un icosaedro regolare inscritto; ed analogamente per l’ottaedro avente per vertici i centri delle sei facce di un cubo, ed in fine come si ottenga dal cubo un tetraedro.