l cinabro è il solfuro rosso di mercurio, e in esso si riconoscono i due elementi basilari dell’alchimia universale: lo zolfo e il mercurio. La forma antica del carattere “tan”, che lo designa in cinese, rappresenta d’altronde il cinabro entro il fornello dell’alchimista. Mentre un’altra forma arcaica evoca la trasformazione dell’uomo attraverso l’uso del cinabro. Esso è per eccellenza la droga dell’immortalità, poiché è rosso (colore del fasto e colore del sangue) e perché se ingerito ritualmente, a scopo alchemico rende il corpo rosso, ossia ne ringiovanisce il colore e gli dà la luminosità del sole. Notiamo inoltre che l’uso di ingerire cinabro non è peculiare della Cina, ma è riscontrabile anche in India e in Europa, dove fu raccomandato anche da Paracelso.
Il cinabro
Occorre porre in evidenza che il simbolismo del cinabro non risulta dalla sua qualità di sale, che combina lo yin e lo yang neutralizzandone gli effetti reciproci (l’alchimia cinese non tiene conto dello zolfo): quello che si cerca di ottenere è lo yang allo stato puro, oro e cinabro. Questo risultato si ottiene per successive calcinazioni, effettuate allo scopo di liberare il mercurio. L’alternanza cinabro-mercurio è il simbolo della morte e della rinascita, della rigenerazione perpetua, alla maniera della fenice che rinasce dopo la combustione. Il simbolismo del cinabro si stabilisce dunque su due piani:
1) L’operazione alchimistica che realizza simbolicamente la rigenerazione;
2) L’ingestione del prodotto, che si ritiene conferisca l’immortalità fisica e psichica.
Esiste chiaramente una gerarchia fra queste due concezioni e, giustamente, i testi cinesi danno il primato alla prima. La longevità corporale è, dunque essa stessa, solo un risultato secondario.
(Eliade Mircea, Forgerons et alchimistes,Paris 1956), (Griaule Marcel, Le traitè de la fleur d’or du supreme Un, Paris 1966).