Morte e Rinascita sono “Il Mistero” che gira intorno alle iniziazioni ai quattro angoli del mondo. Nel gelo della Siberia, lo sciamano sa che diventerà tale solo dopo la notte dell’iniziazione. Dopo, cioè, che avrà vissuto, oniricamente, la propria morte per mano degli spiriti che lo smembreranno, riducendolo ad un candido scheletro privo di ogni vitalità. Da ciò rinascerà un uomo nuovo che conosce il linguaggio degli spiriti e le forze della natura. Questa tradizione si perde nella notte dei tempi ed é pressappoco uguale a tutte le latitudini naturalmente tra i popoli primitivi. Per poter rinascere a vita nuova bisogna prima morire. Le differenze che incontriamo nelle culture più evolute sono dovute fondalmentalmente a motivi culturali, la percezione del medesimo effetto spirituale o animico é percepito in maniera diversa. Nel rituale Emulation, durante la cerimonia di elevazione al grado di maestro, viene posta l’attenzione soprattutto sul sacrificio del maestro Hiram Abif, quale esempio di eroismo e di sacrificio che preferì morire piuttosto che rivelare i segreti da lui custoditi.
Il grado di Maestro
Non c’é dubbio che questo concetto sia prioritario e lo sia stato massimamente al tempo del Compagnonaggio di mestiere o delle Gilde medievali dove era fondamentale non far trasparire le tecniche proprie della confraternita, ed il segreto costituiva un forte legante per tutti i membri. Porre l’accento su di un aspetto del problema, però, ne mette in ombra altri che traspaiono appena. Possiamo affermare che il terzo grado é in un certo qual modo “incompleto”: la lacuna verrà colmata nell’Arco Reale. Questa condizione, tuttavia, ci induce a percepire quello che non viene detto ma deve essere “realizzato”; In questo caso la morte e la rinascita.
«Ciò che tu semini non prende vita se prima non muore, e quello che semini non é il corpo che nascerà ma un semplice seme,… così anche la resurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile, si semina un corpo animale risorge un corpo spirituale» (I° lettera ai Corinzi 15, 36-45).
La morte ed il ritrovamento del corpo del maestro hanno come contropartita la rinascita spirituale dell’adepto che in questo modo, acquisendo i segreti che gli competono, fa nascere il germe spirituale dentro di sé. Il ritrovamento del corpo del maestro e l’elevazione spirituale dei discepoli si ritrova in tante tradizioni. Nella “Fama Fraternitatis”, ad esempio, l’apertura della tomba del maestro Rosenkreutz scoperta casualmente dopo 120 anni e la perfetta conservazione del suo corpo incorrotto ha come conseguenza che tutti i discepoli presenti cambino aspetto fisico e finiscano per assomigliare, chi più, chi meno, al maestro stesso. Questo ci ricorda un’altro simbolismo: quello della Pentecoste (festa un poco trascurata in ambito Cattolico ma tenuta in gran considerazione tra i Protestanti). Anche qui i discepoli si sono riuniti in una casa, “con le porte chiuse, si sentì all’improvviso un rombo come di vento forte, apparvero su di loro lingue di fuoco, e pervasi dallo spirito santo cominciarono a parlare lingue diverse”. (atti d.Ap. 2,2-4) Diodoro Siculo, che a Roma aveva tradotto in latino il mito di Osiride, narra che “Il dio all’uscita del tempio cadeva sotto i colpi di Set (Tifone) suo fratello. Nei misteri si simulavano attorno al corpo del dio lamentazioni funebri, lo si seppelliva secondo i riti; poi Set era vinto da Horus e da Iside, e Osiride a cui la vita era resa, rientrava nel suo tempio dopo aver trionfato sulla morte. Il mito era rappresentato anche a Roma tra pianti desolati dei preti e dei fedeli poi il corpo smembrato veniva ritrovato ricomposto e rianimato tra manifestazioni di giubilo.
Spostiamoci ora nell’antichità ai tempi dell’Egitto antico. Quando venivano celebrati i misteri di Osiride i sacerdoti portavano in processione nel tempio una cassa di legno, questa aveva degli appositi anelli in cui venivano infilate delle aste per poterla sollevare e trasportare. La stessa veniva fatta circolare nel tempio, che aveva forma rettangolare, in senso orario. Dalla cassa, che simboleggiava la bara di Osiride, ucciso dal perfido fratello Seth, fuoriusciva un arbusto di acacia che, perciò, veniva chiamata “Osiride che si slancia”. La pianta di Acacia era per gli Egizi un simbolo molto importante era Osiride stesso. Per questo veniva nominata raramente e sempre con molto rispetto. Essa era simbolo di resurrezione perché anche nel deserto più arido riusciva comunque a crescere ed anche a fiorire. Agli antichi popoli doveva sembrare un miracolo, ogni volta vedere uscire dal legno apparentemente morto delle tenere foglioline verdi. Osiride pertanto era raffigurato di colore verde. Non é senza significato il fatto che la corona di spine messa a Gesù fosse costituita da rami di acacia, e che anche l’Arca dell’Alleanza degli ebrei fosse dello stesso legno.
Nella trasposizione delle nostre leggende, Hiram Abif, dopo che ne erano state scoperte le spoglie mortali, viene pietosamente ricoperto e per segnalarne il sito viene trapiantata una pianta di acacia. Per analogia nella tavola e nel tappeto della elevazione, noi facciamo risorgere Hiram nella persona del fratello elevato che impersona lo psicodramma della rinascita. La bara ivi rappresentata é stata ideata perché il maestro elevando, deve vivere emozionalmente la sua morte e quella di Hiram perché solo così, coinvolgendo tutto il proprio essere, si ottiene quel particolare stato di coscienza che apre gli arrugginiti cancelli dello spirito. La morte di Osiride ed il suo smembramento iniziano il ciclo dei “Misteri Isiaci”. Il dio é stato ucciso con l’inganno, chiuso in una cassa sigillata con piombo fuso, abbandonata nel Nilo, finché Iside la ritrova e libera il suo sposo. Le iniziazioni di più alto grado avvenivano nell’antico Egitto non già nei templi deputati a celebrare l’epopea della divinità ma nella piramide. Monumentale raffigurazione del mondo dell’aldilà.
La sua struttura vista in sezione é sovrapponibile alle raffigurazioni del “Maet” che era l’aldilà per gli egizi, quantomeno nei dipinti che raffigurano entrambi. La piramide che in Egitto veniva chiamata “mer” aveva come significato “luogo dell’ascesa o strumento di ascesa” (come fosse una scala: tra l’altro le certose e i conventi cistercensi erano chiamate “Scala Dei”) L’adepto veniva fatto camminare all’interno di essa nei vari livelli, andava nel sottosuolo che era una camera disposta a vari metri di profondità nel suo basamento roccioso, poi risaliva, camminando in alcuni tratti dritto, in altri incurvato, simboleggiando il percorso del sole nel mondo dei morti viaggio che, secondo gli antichi l’astro ripeteva ogni notte. Arrivato nella camera centrale, l’adepto, identificato con Osiride, veniva deposto nella cassa di granito al centro della stanza, qui simbolicamente moriva per far nascere l’uomo nuovo. L’arrivo del sacerdote che impersonava un dio dell’oltretomba (Thot) aveva il potere di riportarlo in vita ricostituendone l’unità fisica e psichica perché da quel che sembra, questa esperienza veniva vissuta in uno stato di coscienza alterato. La presenza del Gran Sacerdote-Osiride serviva a riunire le parti dell’essere corpo anima e psiche che erano state virtualmente separate.
Ci racconta Anderson nel suo commento alla leggenda del 3° grado “L’accidente pel quale il corpo del maestro Hiram fu trovato sembra alludere al VI° libro dell’Eneide. Anchise era morto ed Enea suo figlio sentiva il bisogno di parlare con lui e consultò la Sibilla Cumana che lo incoraggiò, ma gli disse che non sarebbe riuscito, a meno di non recarsi in un certo luoo per cogliere un ramoscello d’oro, che avrebbe dovuto portare in mano. Anchise il grande patriarca, non avrebbe potuto essere scoperto senza l’aiuto di un ramoscello, che fu colto con grande facilità da un albero; nè, pare, Hiram il grande maestro della massoneria, avrebbe potuto essere trovato altrimenti che con l’indicazione di un ramoscello, che facilmente si presentò”.
L’idea centrale dei misteri massonici é dunque l’antica idea mediterranea, della sopravvivenza di pochi eletti o iniziati, della resurrezione dalla morte, e l’immortalità, della palingenesi insomma, conseguita attraverso la morte mistica. E’ una idea condivisa dagli Egizi, i seguaci dei misteri Orfici, dai Pitagorei, dagli Ermetisti, é la ragione dei misteri di Eleusi, di Cerere, di Mithra. Nella loro visione escatologica, infatti tutti gli uomini condividono lo stesso destino che li porta dalla nascita alla morte, ma mentre la maggior parte degli uomini dopo la morte entra nel regno delle ombre, pallido ricordo dell’uomo com’era da vivo, dove si sta privi di coscienza, di emozioni e di ricordi, gli altri, gli iniziati ai misteri che sono già morti simbolicamente nella cerimonia dell’ iniziazione, vivono in uno stato di immortalità. L’iniziato è dunque, come la parte di mezzo della clessidra in contatto contemporaneo con due mondi diversi. L’adepto, avendo accesso ad entrambi i mondi ,acquisisce una conoscenza e una consapevolezza sempre più profonda, e nel momento della morte fisica, vissuta con distacco perché é solo la separazione del veicolo terrestre, rinasce entrando compiutamente nel regno, dei saggi degli eroi e dei semidei.
La tavola di Loggia
L’emblema è diviso come quello del grado precedente in più parti, la parte superiore raffigura un arbusto di Acacia, collocato in una porzione del quadro più chiara, per simboleggiare che si trova al disopra del terreno, mentre tutto il resto é sottoterra. Del simbolismo abbiamo gia parlato ma è opportuno ricordare che in greco il nome acacia significa innocenza. Al di sotto vi è una bara di legno, sulla cui parte superiore sono visibili i simboli muratori propri del grado, soprattutto il cerchio o centro che simboleggia la perfezione raggiunta nella costruzione. Nell’ermetismo il cerchio simboleggia la materia prima, che viene appunto rappresentata come un cerchio da cui sorgono i quattro elementi. Il processo aureo inizia e finisce con la stessa figura, cui nella fase finale si aggiunge un punto: il simbolo aureo e solare.
L’opera è rotonda diceva H.Khunrath (1597) sottointendendo il processo circolatorio, che conduce dal sole nero al sole aureo della perfezione. In tutte le immagini alchemiche questa fase è sempre raffigurata con uno scheletro ed un sole nero. Qui invece tutto è sintetizzato dal teschio con i femori incrociati Accanto al cerchio ci sono dei segni che nell’alfabeto massonico rappresentano rispettivamente la lettera A e la lettera E, nel rettangolo sotto il teschio è riportata la data dell’anno iniziatico a cui vanno aggiunti gli anni storici. In entrambi i lati la lettera ebraica “He”. Sotto, di nuovo delle lettere massoniche ripetute due volte “C N”. La parte inferiore della tavola evidenzia una pergamena sapientemente tenuta aperta dagli attrezzi del mestiere, raffigurante, a sinistra, la stella e il triangolo e a destra l’immagine del tempio di Re Salomone, ma questa volta la tenda del tabernacolo è aperta e si vede chiaramente l’arca dell’alleanza con i due cherubini inginocchiati sopra. Questo significa che in questa fase si è raggiunto quel livello spirituale che permetteva ai sacerdoti del tempio di presentarsi al cospetto del Signore.