L'Urna

Quando viene allestito il tempio del Maestro segreto viene abitualmente posta l’immagine di una urna chiusa con sopra una chiave spezzata. Quando parliamo di urna però siamo portati a immaginarla di forma rettangolare qualcuno la immagina a forma di casetta con sopra una specie di tetto a forma di diedro. Questa era la forma delle urne romane, i romani bruciavano sulle pire i corpi dei defunti, gli ebrei li seppellivano, la nostra urna ha però un’altra origine, ed in un grado che dovrebbe essere ebraico troviamo una componente egizia, perché la nostra urna in realtà è rotonda, era una componente dei misteri di Iside. Qui veniva descritto un particolare simbolo sacro: una piccola urna lucente e rotonda, tutta d’oro, ornata di geroglifici, con un beccuccio da un lato e una larga ansa dall’altro, attorno a cui si avviluppava un aspide. Come diceva Apuleio, è un “simbolo ineffabile di un culto sublime che deve essere avvolto da profondo silenzio”[1]. L’urna lucente inoltre come dicevamo ha un beccuccio da un lato ed una larga ansa dal lato opposto, a cui si avviluppa un aspide. Quindi beccuccio ansa e aspide, possono dare l’impressione che sull’urna vi sia impressa una “Z”. Inoltre in greco la parola “zeta” viene usata abitualmente ancora oggi per dire: “è vivo”. Quale migliore affermazione per sostenere che Osiride non è realmente morto, che l’urna non contengono solo ceneri, che il re sta per risvegliarsi.

Questa urna rotonda e dorata ci ricorda in primo luogo, il sacro vaso mistico dell’alchimia, simbolo della totalità cosmica. Anche Zosimo, ad esempio, dice il vaso alchemico è un calice rotondo che configura la totalità del cosmo e in cui ha luogo il sacro processo alchemico.[2] Rappresentava il principio onnicomprensivo, per così dire il concetto stesso del contenuto: ciò simboleggia un atteggiamento psichico di raccoglimento ovvero di introversione indispensabile per un retto approccio alla materia e al mistero del cosmo. Alcuni filosofi alchimisti affermano persino che il Lapis philosophorum, la pietra filosofale contenuta nel vaso, e il vaso stesso sono la stessa e unica cosa, aspetti diversi dello stesso mistero. Il vaso contiene l’essenza psichica del re divino durante il suo passaggio dalla morte alla rinascita. Secondo la mitologia egizia il vaso raffigurerebbe Osiride durante il processo della sua trasformazione in Horus[3]. Dopo la morte di Osiride, Iside regge il vaso della sua sostanza psichica: è diventato Osiride hydrelos (acqueo). Dal vaso egli rinasce come Horus, il nuovo dio solare, il figlio del sole. Da un punto di vista psicologico si tratta del momento mistico della trasformazione, quando la rappresentazione cosciente di Dio è “morta” e di nuovo viene generata nell’anima umana. Il mistero del vaso risiede quindi in questo, che configura il segreto della morte e della rinascita di Horus bambino, del simbolo divino, secondo Jung un simbolo del Sé, che non rimane a lungo un principio parziale, ma che racchiude la totalità dell’esistenza. Horus è identico a Osiride rinato, quando questi lascia il vaso: è il sorgere del sole.

Al momento numinoso dell’aurora; appena il sole ha superato l’orizzonte non è più divino. Il sorgere del sole – l’aurora consurgens – è il momento in cui la realizzazione del Sé affiora fuori del vaso della psiche inconscia.[4] La dottrina cristiana parla dell’immortalità dell’individuo e della trasformazione in un essere immortale dopo la morte e il Giudizio Universale. Ma nel Cristianesimo l’immortalità è una speranza o una promessa, perciò un contenuto di fede. Negli antichi culti misterici esisteva al contrario una sorta di rituale simbolico che doveva realizzare la trasformazione dei mortali in immortali già su questa terra. La stessa idea avevano gli alchimisti, i cui testi spesso assicurano che la creazione della pietra filosofale significava nel tempo stesso creare il proprio corpo incorruttibile. Secondo la teologia cristiana, nel momento del Giudizio Universale saremo plasmati in una nuova forma per ottenere la vita eterna; gli alchimisti invece ritenevano che si trattasse di un’esperienza interiore che era possibile ottenere in vita; la meditazione e il processo alchemico potevano produrre il nuovo corpo immortale e glorioso, così come nelle culture orientali il “corpo diamantino” poteva essere costruito già in questa vita. Dal corpo mortale viene estratto un nucleo immortale, dalle qualità semimateriali (dotato per esempio del respiro o del soffio). Questa idea si trova negli antichi culti misterici la personalità immortale viene formata già in questa vita e non viene proiettata in un post-mortem. Le iniziazioni ai misteri di Iside e Osiride erano quindi in relazione con il mondo sotterraneo e l’aspetto ctonio[5]; perciò Lucio-Apuleio invoca il sole di mezzanotte. La sua iniziazione corrisponde a una discesa nell’inconscio e alla sua illuminazione per mezzo di un principio conscio, che viene dall’inconscio e che è in opposizione a tutte le dottrine della coscienza collettiva. Lucio fa questa esperienza in forma simbolica e adora da vicino gli Dei inferi e superi; intende probabilmente le ore del giorno e della notte, che raffigurano le diverse personificazioni del dio solare.